Se n'è andato Attilio Benetti
Il patriarca della Lessinia
È morto alla soglia dei 90 anni: non aveva mai smesso di studiare e di scrivere. Martedì il funerale. Memoria storica dell'altopiano e autorità riconosciuta nel mondo della paleontologia si è spento nella sua casa di Camposilvano. È stato anche pioniere della speleologia.
Velo Veronese. Si è fermato quasi alla soglia dei novant'anni, il cuore forte e indomito di Attilio Benetti, il patriarca della Lessinia, l'uomo, prima ancora che il ricercatore e lo studioso, che meglio l'ha rappresentata negli ultimi decenni e sicuramente più di tutti l'ha amata. Il funerale sarà celebrato martedì 23 nella chiesa parrocchiale di Velo, alle 15.30. Ricoverato nel reparto di lungodegenza dell'ospedale di Marzana per i postumi di una frattura al femore che dallo scorso ottobre lo costringeva su una sedia a rotelle, aveva voluto tornare a casa sua, a Camposilvano, perché non si rassegnava a stare «a guardare i muri», come ci aveva confidato lo scorso gennaio durante una visita; non poteva stare senza i suoi fossili e il suo computer zeppo di schede e ricerche. «Ho ancora tanto lavoro da fare, ci sono delle scoperte nuove di cui devo scrivere. Ho bisogno ancora di tempo per studiare», ci aveva ripetuto raccomandando di tornare a trovarlo perché c'erano cose di cui non poteva tacere. Non erano una novità, purtroppo: ne parlava ogni volta con sempre più tristezza, ma mai rassegnato: lo tormentava l'abbandono del patrimonio architettonico, anche quei piccoli capitelli che ai più sfuggono nella fretta dei passaggi in auto, ma per lui ogni pietra aveva una storia, ogni angolo apriva visioni diverse e si stupiva che non ci fosse gente abbastanza indignata per ridare decoro e rispetto. Con la terza elementare, dopo aver ripetuto due volte la prima e due volte la seconda, è diventato memoria storica della Lessinia e autorità riconosciuta nel mondo della geopaleontologia, che gli ha dedicato due nuove scoperte: il brachiopode «Benetticeras Benettii», esemplare unico al mondo e l'ammonite «Lessinorhynchia Benettii», di cui sono stati trovati altri esemplari, ma la prima scoperta e classificazione è universalmente riconosciuta a Benetti. «A scuola non andavo bene perché la maestra non mi sopportava. Facevo domande a cui non sapeva rispondere. Allora andavo a scuola solo quando faceva freddo e nei giorni di pioggia. Per il resto dell'anno la mia scuola era la montagna, i suoi animali, anche le sue pietre e le sue piante. Ho imparato molto in ore di silenzio e di osservazione e ho coltivato il mio spirito libero», ci aveva raccontato in occasione dell'intervista per i suoi 80 anni. Affascinato da quei «serpenti pietrificati nelle acque del diluvio universale» come gli erano stati raccontati i fossili da piccolo, non si era convinto che quella fosse la giusta spiegazione e aveva letto e riletto, pagine e pagine, fino a diventare tra i massimi esperti riconosciuti della materia e intrattenere conversazioni e scambi con studiosi di tutto il mondo. La curiosità e la ricerca delle spiegazioni meno ovvie lo avevano portato a calarsi anche nel cuore della montagna, scendendo da speleologo tra i pionieri della Spluga della Preta, l'abisso più profondo e misterioso allora conosciuto. Da minatore, in Belgio, aveva frequentato altre profondità ed era stata proprio la passione per i fossili e le simpatie di un ingegnere minerario per quel minatore che sapeva spiegargli tutto sui reperti che emergevano dai blocchi di carbone, a rendergli meno duro un lavoro nel quale non sarebbe resistito molto: «Amavo troppo la luce, il cielo, gli spazi aperti, l'aria dei miei monti: sarei morto se fossi rimasto là», confidò. Una scorza dura come le pietre dei suoi fossili e un animo sensibile e attento come quello di un bambino: così era «El Tilio», capace di avviare in un garage di casa una raccolta di fossili ai quali poi la Comunità montana della Lessinia ha dato dignità di Museo geopalentologico; capace di raccontare favole ai bambini ma anche di scrivere in modo documentato di storie e tradizioni lessiniche; rispettoso di tutti, ma capace di essere sempre libero.
Vittorio Zambaldo - (Tratto da "L'Arena.it)
Attilio è stato uno dei primi esploratori della Spluga della Preta e se anche pochi di noi lo conoscevano personalmente basterà guardare il film "L'Abisso" di Alessandro Anderloni per conoscerlo; durante le riprese di questo film Attilio è stato protagonista con i suoi racconti sull'esplorazione della Preta.
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